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4/10/13

Trattamento delle infezioni che colpiscono la donna: evitare le auto prescrizioni ed i luoghi comuni.

Risulta di prassi comune ed ormai consolidata, la pratica di auto curarsi le infezioni all’apparato genitale femminile spesso per un inspiegabile “senso del pudore” o per pigrizia: nella maggior parte dei casi questa prassi, non solo non produce effetti, ma aggrava la reale situazione della paziente che, di norma, alle prime avvisaglie dovrebbe consultare immediatamente il ginecologo.

Proviamo ad analizzare le cause più diffuse che provocano le infezioni cercando di fornire una spiegazione schematica e semplice dei meccanismi che le regolano. Nella vagina è presente una secrezione perfettamente fisiologica (naturale): la cosiddetta leucorrea che viene spesso interpretata e trattata come fenomeno patologico, ignorando completamente il fatto che le perdite bianche possono essere normali nella maggior parte dei casi. La leucorrea ha due importanti funzioni: la lubrificazione e la protezione contro i germi patogeni. Inoltre, in alcuni momenti particolari del ciclo, tale secrezione aumenta notevolmente ad esempio, in fase ovulatoria e nell'immediato periodo premestruale. Questo fenomeno, inoltre, si accentua in corrispondenza dei primi rapporti e allarma la donna, la quale teme di avere contratto una malattia a trasmissione sessuale. In questi casi è importante non commettere l'errore di iniziare l'auto-cura con lavande, creme, ovuli o antibiotici per fenomeni che sono del tutto normali! Il risultato delle auto-prescrizioni è disastroso poiché in questo modo si finisce per indebolire la flora normale e favorire l'insorgenza di vere e proprie infezioni. La vagina ha come canale di deflusso la vulva. Se la donna, come oggi spesso accade, usa troppe barriere coprendo eccessivamente la zona genitale impedisce la normale evaporazione delle secrezioni. Il secreto vaginale, più o meno acido e che contiene milioni di germi, finisce quindi per macerare creando irritazioni, arrossamenti, bruciori, con alterazione dell'ecosistema vaginale e vulvare. La biancheria intima costrittiva e le cuciture dei pantaloni molto aderenti irritano i genitali esterni, creano un surriscaldamento dei tessuti e impediscono il normale deflusso verso l'esterno delle secrezioni vaginali.

A seconda delle fasi di vita della donna, il canale vaginale ha un diverso pH. In età fertile il pH vaginale è acido, cioè compreso tra 4,5 e 5. Infatti gli ormoni estrogeni stimolano la produzione di glicogeno, uno zucchero che viene trasformato dalla flora batterica vaginale saprofita (cioè normalmente residente in vagina e costituita per oltre il 90% dal gruppo del Lactobacillus acidophilus) in acido lattico, sostanza che mantiene stabile il pH acido nel canale vaginale. L'acidità è importantissima per il mantenimento dello stato di benessere dell'ecosistema vaginale: in queste condizioni infatti i germi patogeni (possibili responsabili di infezioni vaginali) non riescono a vivere e a moltiplicarsi con una conseguente minore probabilità di sviluppare infezioni vaginali. Ecco spiegato perché a volte può bastare un prodotto sbagliato, cioè neutro, per alzare l'acidità delle mucose genitali e, di conseguenza, per indebolire i lattobacilli e spianare la strada a germi patogeni. Se la secrezione vaginale presenta caratteristiche diverse dal solito (per quantità, viscosità, comparsa di cattivo odore,...) o provoca bruciore, prurito, dispareunia o disuria, non va trascurata: le infezioni all'apparato genitale femminile (vaginosi e vaginiti) rappresentano uno dei problemi ginecologici più diffusi e la cui incidenza sembra essere in aumento (più della metà delle donne in età fertile). Le cause possono essere diverse e numerose, e non sempre di natura infettiva, ma la grande maggioranza delle diagnosi si riferisce a vaginosi batteriche, vulvovaginiti da Candida o vaginiti da Trichomonas vaginalis. Analizziamo quindi queste forme di infezioni molto diffuse.

Vaginosi batterica: si tratta di una sindrome polimicrobica caratterizzata da una radicale modificazione dell'ecosistema vaginale consistente, in particolare, nella sostituzione della normale flora lattobacilliare da parte di flora patogena a prevalente composizione anaerobia. Pur verificandosi un aumento delle perdite vaginali che tipicamente sono di cattivo odore, non è possibile dimostrare la presenza di un vero e proprio stato infiammatorio, infatti in oltre il 50% dei casi è asintomatica. Il cattivo odore non ha nulla a che vedere con la vulva, che non va lavata troppo frequentemente, ma è indice di una fermentazione dovuta alla gardnerella, presente normalmente ma che con l'innalzamento del pH prolifera 50 volte di più. In tal caso bisogna abbassare il pH della vagina.

Vaginiti: in genere si manifestano con sintomi quali bruciore, leucorrea, prurito e infiammazione della mucosa che risultano molto fastidiosi, influiscono pesantemente sulla qualità di vita delle pazienti e, spesso, sono recidivanti. Una forma di vaginite è caratterizzata dalla presenza significativa di leucociti e dalla sostituzione della normale flora lattobacillare con microrganismi a metabolismo prevalentemente aerobio come enterobatteri e stafilococchi di origine prevalentemente intestinale. Infatti microrganismi normalmente presenti in sedi anatomiche adiacenti possono comportarsi come contaminanti opportunisti determinando il quadro della vaginite da aerobi. Il rallentamento del transito intestinale facilita lo sviluppo di germi patogeni che dall'apparato gastroenterico arrivano alla vescica e ai genitali per via linfatica.

Un'altra forma di vaginite è quella da Trichomonas vaginalis a trasmissione sessuale esclusiva e con serbatoi di infezione quali vagina, Ghiandola del Bartolino, uretra e prostata. Infine le forme più note di vulvo-vaginiti da Candida Albicans (nel 95% dei casi) e non-albicans.

La Candida è un commensale abituale che colonizza le nostre mucose (orali, vaginali) già dopo la nascita. L'infezione è correlata ad alterazioni dell'ecosistema vaginale e non è una infezione esclusivamente a trasmissione sessuale. Quando si trova sotto forma di spora è innocuo, quando invece le difese locali dell'ospite diminuiscono o l'ambiente diviene adatto alla sua replicazione, si trasforma in ifa, penetra nelle cellule e dà luogo all'infezione. E' sicuramente l'infezione con il maggior rischio di recidiva (fino al 50%), perché i trattamenti antimicotici non riescono mai a debellarla completamente. Chi è predisposto a vulvovaginiti da Candida e in particolare a recidive (4 episodi /anno) o ricorrenze (più di 4 episodi/anno) deve quindi difendersi preservando il più possibile l'equilibrio del proprio ecosistema vaginale con scrupolose norme igienico-comportamentali, comprese corrette abitudini alimentari e vestiarie.

In conclusione, qualsiasi sia il disturbo avvertito, se insistente, è opportuno consultare quanto prima il proprio ginecologo onde evitare l’aggravarsi della forma di infezione e dover ricorrere obbligatoriamente all’utilizzo di cure aggressive.